La nascita del nuovo Museo Casa Don Bosco ha previsto un’opera di restauro conservativo curato dall’Arch. Sergio Sabbadini. Gli abbiamo chiesto di illustrarci le tecniche e i criteri usati per creare questo nuovo museo.

I tre edifici storici: Casa Pinardi, la Chiesa di San Francesco di Sales e le Camerette rappresentano le origini dell’opera salesiana e il cuore di Valdocco. Essi sono involucro del museo ma essi stessi sono il museo, la testimonianza della vita e dell’opera di Don Bosco.

L’intervento progettuale ha mirato, mediante un lavoro di restauro conservativo, a raccontare la storia degli edifici attraverso i suoi spazi e nuovi ritrovamenti (antica fontana, cunicoli a ipocausto, antichi locali voltati ….)

La pulizia e la sobrietà delle facciate si manifesta attraverso i suoi intonaci a calce, come era in origine, i serramenti in legno dipinto di recupero e di nuova fattura e l’omogeneità della copertura che riprende il cromatismo della pietra di luserna dei basamenti, balconi e pavimentazioni.

Anche la nuova pavimentazione in listelli fitti di pietra di luserna, ne disegna e confina il perimetro dei tre edifici storici.

Gli spazi interni sono resi il più possibile fluidi depurandoli dagli innumerevoli tramezzi che si sono susseguiti nel tempo, lasciando il loro segno del tempo in alcune tracce sul pavimento continuo magnesiaco e nella sequenza cromatica delle stanze voltate al primo piano che mostrano tutta la loro storia attraverso la stratigrafia delle finiture susseguite nel corso del tempo.

Il piano interrato con le sue luci naturali filtranti rappresenta lo spazio più fedele alle sue origini. Cucine, refettori, cantine e teatrini diventano spazi espositivi di sé stessi e di nuove installazioni espositive.

Un lungo, stretto e sinuoso corridoio voltato, segnato da un nastro luminoso incassato a pavimento, collega tutti questi spazi offrendo diverse prospettive come un cannocchiale.

La luce naturale, simbolo del divino, è valorizzata non solo negli spazi interrati ma anche al secondo piano, ove la riapertura di un abbaino con serramento a croce irrora il puro spazio bianco della cappella. Una luce zenitale attraversa la copertura per connettersi con la stanza della morte di Don Bosco ed entrando in comunicazione con l’installazione del trapasso.

La scelta dei materiali è accurata in ogni particolare anche con innovazioni tecnologiche proprie della bioedilizia. Pitture a calce degli ambienti interni, recupero delle vecchie pavimentazioni in cotto e pietra e integrazioni delle parti mancanti con battuti in cocciopesto secondo l’antica tradizione romana ben presente negli edifici storici di Torino.

Il cocciopesto dà memoria dei precedenti divisori in laterizio ritrovandolo sotto forma di cocciopesto anche nelle pavimentazioni magnesiache continue. Finiture in calcecanapulo regolano l’umidità di alcune pareti controterra donando nuova sacralità agli spazi. Le parole stampate su cellulosa unite ad impasti di calce caratterizzano le pareti della vita di Don Bosco nelle sue Camerette.

Le terre lontane rivestono i muri della missionarietà salesiana, quelle vicine a Torino (Cambiano) caratterizzano tutte le nuove installazioni museografiche, permettendo un distinguo reale e visivo tra pareti originarie e nuovi setti espositivi.