In Casa Don Bosco la museografia è stata seguita dall’Artista e Museografo prof. Massimo Chiappetta. Gli abbiamo chiesto di illustrarci i criteri usati per creare questo nuovo museo.

La museografia è nel museo il modo in cui si espongono le cose. Riguarda non tanto che cosa si espone ma “come” si espone, cioè si porta nello sguardo del visitante la cosa esposta.

Il nuovo museo di Valdocco ha un’identità complessa e di certo straordinaria come accade ai musei che raccontano ed espongono l’opera e la vita di un uomo memorabile.

Il precedente piccolo museo dedicato a Don Bosco e detto delle Camerette, esponeva principalmente le ultime stanze abitate da Don Bosco in una dimensione illustrativa scenografica da casa museo ma con interventi e scelte arbitrarie soprattutto sull’integrità del tracciato originale.

La museografia del nuovo Museo Casa Don Bosco ha luogo innanzitutto nella riforma dell’esposizione delle Camerette, culmine e principio di tutto il nuovo museo. A questa parte che è innanzitutto luogo delle reliquie del Santo si aggiungono il recupero della palazzina Pinardi, casa originaria della nascita dell’opera di Don Bosco e della vita Salesiana e di tutto il suo seminterrato che culmina poeticamente nello spazio criptico della Chiesa di San Francesco di Sales, in origine luogo della mensa e ricreazione dei ragazzi dell’oratorio.

Si trattava di comporre diversi caratteri museografici e identità del nuovo grande museo che comprendono:

  • la dimensione del santuario reliquiario;
  • l’esposizione del processo storico della prosecuzione della congregazione salesiana con le figure maggiori che hanno ereditato e proseguito l’opera di Don Bosco;
  • l’esposizione del processo storico di conformazione urbanistica ed architettonica di Valdocco salesiana;
  • l’esposizione del recupero del seminterrato e della suo valore storico di vita della comunità nel quale sono ospitate adesso nella cripta una esposizione che evocando nel luogo i tavoli della mensa originaria mostra collezioni variegate di arte sacra articolate in quattro titoli (Iconografia Mariana, Devozione, Donazione, Liturgia);
  • nell’altra ala del percorso seminterrato una esposizione di scultura devozionale Mariana di varie parti del mondo.

La mia filosofia espositiva previlegia sempre il carattere simbolico e metaforico dell’esposizione ed evita la retorica dei modelli illustrativi e scenografici ma anche l’astrazione straniante del puro design.

Già nel nome del museo c’è la parola di elevata potenza significante Casa che è diventata in tutto il museo la metafora, la forma visibile, che continuamente rimanda al profondo significato che questo simbolismo ha nel mondo salesiano ed il museo stesso ė prima di tutto il recupero storico e contemplativo della casa originaria di ogni salesiano.

In questo senso il restauro architettonico dell’edificio è parte esso stesso della museografia e dell’esposizione museale.

Nel mio disegno la ricomposizione ed esposizione del tracciato originale delle Camerette ha restituito una essenzialità delle origini spoglia di ogni intenzione retorica e nel contempo ho collocato nel luogo della morte di Don Bosco il primo e supremo luogo espositivo di tutto il museo: un angolo di stanza reso nudo di ogni cosa che adesso espone su tre ripiani trasparenti e galleggianti dove prima c’era il letto, le reliquie primarie del Santo ed un raggio di luce naturale zenitale che dal cielo direttamente verticalizza l’ascensione dei resti umani diventati segni della memoria religiosa.

A questo luogo ed angolo del trapasso denudato di ogni connotazione fa da contrappunto fantasmatico, visionario, la stanza della vita inaccessibile, restituita alla sua integrità e ricomposta filologicamente nel suo arredo.

Non più mera illustrazione di una memoria congelata ma spazio presente simbolico definito dalla sua sacralità.

Oltre l’individuazione simbolica dei luoghi della vita e della sua fine le cosiddette anticamere espongono altri due luoghi significativi, il luogo della ricomposizione del corpo defunto del Santo e dunque la poltrona ormai reliquia che fu usata per l’esposizione dei resti con la croce accanto ed due preziosi scritti, i documenti fondativi della congregazione salesiana.

Queste due esposizioni inaugurano l’uso metaforico nel museo della forma a casa: un vuoto accolto nella massa piena formata dall’estrusione dei varchi, il portale e la finestra, con cui dialogano.

Sempre al secondo piano in relazione alle camerette è di grande originalità museografica la nuova Cappella che adesso ė incorporata ed esposta funzionante nel museo.

Tra le particolarità museografiche c’è l’uso a pavimento di porzioni di superfici specchianti che indicano il limite calpestabile per il visitatore e nel contempo sprofondano lo spazio delle reliquie esposte in una dimensione trascendente. C’è la ricollocazione della Cattedra della buonanotte di Don Bosco nel suo luogo storico sotto il porticato Pinardi attraverso un calco in bronzo che ne espone col paradigma dell’impronta il suo valore iconico primario di monumentum per la collettività salesiana di Valdocco e del mondo.

Il racconto e la spiegazione della genesi di una museografia così complessa ed articolata richiesta da questo Museo mi prenderebbe molte parole e molto tempo che qui non posso esaurire.

Ma le parole solo circondano, mai sostituiscono l’esperienza di ognuno che si fa visitatore e va al cospetto della forma dell’esposizione.